fonte: Ministero della salute
Il Rapporto “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: superfici, ambienti interni e abbigliamento”, pubblicato il 15 maggio dall’Istituto superiore di sanità (ISS) sul suo sito istituzionale, fornisce indicazioni, basate sulle evidenze a oggi disponibili, in tema di trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2, di sopravvivenza del virus su diverse superfici e di efficacia dei prodotti utilizzati per la pulizia e la disinfezione/sanitizzazione dei locali. Le indicazioni contenute nel documento considerano anche l’impatto ambientale e i rischi per la salute umana connessi al loro utilizzo. Il Rapporto include anche indicazioni sul trattamento del tessile da effettuarsi in loco (sia abbigliamento in prova che superfici non dure quali arredi imbottiti, tendaggi, ecc) e precisa i termini usati nell’ambito della disinfezione chiarendo la differenza tra disinfettante, sanificante, igienizzante per l’ambiente e detergente.
I prodotti che vantano un’azione disinfettante battericida, fungicida, virucida – sottolinea il Rapporto - o una qualsiasi altra azione tesa a distruggere, eliminare o rendere innocui i microrganismi tramite azione chimica, ricadono in due distinti processi normativi: quello dei Presidi Medico-Chirurgici (PMC) e quello dei biocidi. Tali prodotti, prima della loro immissione in commercio, devono essere preventivamente valutati dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) (o altro organo tecnico-scientifico in ambito Nazionale) e autorizzati dalle Autorità Competenti degli stati membri dell’UE - per l’Italia il Ministero della Salute - sotto l’egida dell’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (European Chemicals Agency, ECHA). I vari prodotti per la disinfezione che possono vantare proprietà nei confronti dei microorganismi, sono diversi dai detergenti e dagli igienizzanti con i quali, pertanto, non vanno confusi. Per questi ultimi, che non possono vantare azione disinfettante, non è prevista alcuna autorizzazione anche se devono essere conformi alla normativa sui detergenti (igienizzanti per gli ambienti) o sui prodotti cosmetici (igienizzanti per la cute).
Di seguito una sintesi delle distinzioni tra i vari termini.
- Sanificazione: è un “complesso di procedimenti e operazioni” di pulizia e/o disinfezione e comprende il mantenimento della buona qualità dell’aria anche con il ricambio d’aria in tutti gli ambienti.
- Disinfezione: è un trattamento per abbattere la carica microbica di ambienti, superfici e materiali e va effettuata utilizzando prodotti disinfettanti (biocidi o presidi medico chirurgici) autorizzati dal Ministero della Salute. Questi prodotti devono obbligatoriamente riportare in etichetta il numero di registrazione/autorizzazione.
- Igienizzazione dell’ambiente: è l’equivalente di detersione ed ha lo scopo di rendere igienico, ovvero pulire l’ambiente eliminando le sostanze nocive presenti. I prodotti senza l’indicazione dell’autorizzazione del ministero della Salute che riportano in etichetta diciture sull’attività ad es. contro germi e batteri, non sono prodotti con attività disinfettante dimostrata ma sono semplici detergenti per l’ambiente (igienizzanti).
- Detersione: consiste nella rimozione e nell’allontanamento dello sporco e dei microrganismi in esso presenti, con conseguente riduzione della carica microbica. La detersione e un intervento obbligatorio prima di disinfezione e sterilizzazione, perché lo sporco è ricco di microrganismi che vi si moltiplicano attivamente ed è in grado di ridurre l’attività dei disinfettanti.
- Pulizia: per la pulizia si utilizzano prodotti detergenti/igienizzanti per ambiente – i due termini sono equivalenti - che rimuovono lo sporco mediante azione meccanica o fisica.
- Sterilizzazione: processo fisico o chimico che porta alla distruzione mirata di ogni forma microbica vivente, sia in forma vegetativa che in forma di spore.
Riguardo la stabilità nel tempo del virus SARS-CoV-2 su differenti superfici il rapporto fornisce una tabella di immediata fruizione dalla quale si evidenzia che sulla carta da stampa e velina le particelle virali infettanti sono state rilevate fino a 30 minuti dalla contaminazione; dopo 3 ore non sono più state rilevate. Sul tessuto, invece la presenza di tali particelle è risultata più duratura nel tempo: sono state rilevate fino a 1 giorno dalla contaminazione e non più rilevate dopo 2 giorni. Su banconote e vetro la presenza delle particelle virali infettanti è stata rilevata fino a 2 giorni dopo la contaminazione; non più rilevata dopo 4 giorni. Più lungo l’intervallo di tempo su acciaio inox e plastica: le particelle virali infettanti sono state rilevate, infatti, fino a 4 giorni dalla contaminazione; non più rilevate dopo 7 giorni. Testata anche la presenza delle particelle virali infettanti sulle mascherine chirurgiche: nello strato interno le particelle sono state rilevate fino a 4 giorni dalla contaminazione, dopo 7 giorni non sono state più rilevate; nello strato esterno invece le particelle virali sono risultate presenti fino a 7 giorni dalla contaminazione. |